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La via del Teatro Marcello prosegue per un breve tratto in ampio rettilineo, tra costruzioni dell’epoca fascista adibite a servizi comunali, e sbocca in Piazza della Bocca della Verità uno dei centri più interessanti e pittoreschi della città. Corrisponde al Foro Boario, il più antico mercato di Roma, anteriore alla sua stessa fondazione. In mezzo, una fontana barocca di C. Bizzaccheri (1715), con 2 tritoni (di F. Maratta) su una scogliera, sorreggenti una tazza a conchiglia. Venendo da via del Teatro Marcello, a destra, la Casa di Crescenzio, detta anche erroneamente di Cola di Rienzo o di Pilato, raro e curioso esempio di costruzione medioevale, probabilmente una torre eretta dai crescenzi, la più potente famiglia di Roma alla fine del X secolo, a guardia del vicino passaggio del Tevere. I fregi ed il cornicione lavorato, sostenuto da mezze colonne con rudimentali caratteristici capitelli, sono composti da frammenti di fabbriche romane. Sul portale una lunga iscrizione in versi leonini dice che la casa fu eretta da Nicolò figlio di Crescenzio e di Teodora. Di fronte sorge il Tempio detto erroneamente della Fortuna Virile, rarissimo esempio di architettura greco- italica dei tempi repubblicani, eretto intorno al 100 a. C., bello e maestoso pur se di modeste proporzioni. E' uno pseudoperittero, ossia ha il porticato simulato da pilastri addossati alle pareti esterne della cella, quattro nella parete postica e quattro in ciascuno dei fianchi. Anteriormente è il pronao, a colonne ioniche scanalate, quattro nella fronte e una in ciascun risvolto. La costruzione è di tufo; gli aggetti e la parete decorata sono di travertino coperto di stucco. Nell’872 il tempio fu trasformato in chiesa dedicata a S. Maria Egiziaca, poi ceduta in uso agli Armeni; di questa rimangono avanzi di pitture medioevali. Dietro si trova il Tempio circolare di Vesta, così erroneamente chiamato perché simile nella forma al tempio di Vesta al Foro. Si sono proposte varie attribuzioni: a Portunus, dio del porto fluviale (a cui alcuni riferiscono invece il tempio precedente), al Sole e altre, ma nessuna è dimostrabile. L’edificio di puro stile greco, è dell’età augustea, e forse anche anteriore. E’ un perittero corinzio, con la cella di blocchi di marmo bianco bugnato e 20 colonne corinzie scanalate (una manca, a Nord). Sono perdute la trabeazione e l’antica copertura che doveva essere a tegole squamate. Nel medioevo fu dedicato a S. Stefano (detto delle Carrozze), poi a S. Maria del Sole, nome dovuto a un’immagine trovata nel Tevere (1560) che avrebbe mandato un raggio di sole. Più avanti, in fondo alla piazza, sorge la Chiesa di S. Maria in Cosmedin o Bocca della Verità, eretta nel VI secolo sopra una parte (la loggia dei mercanti) di un grandioso edificio, sede del prefetto dell’annona (statio annonae, ufficio di sovraintendenza ai mercati) che sorgeva tra un gruppo di templi già consacrati ad Ercole Invitto e a Cerere. La chiesa ingrandita da Adriano I, fu data ai Greci che, fuggiti alle persecuzioni degli iconoclasti d’oriente, si erano stabiliti nei quartieri presso il Tevere; da essi ebbe il nome di schola Graeca o S. Maria in Cosmedin (parola greca significante "ornamento", forse per gli abbellimenti fatti sotto Adriano I). Aveva allora i matronei e tre absidi. Trasformata da Nicolò I, fu restaurata da Gelasio II e da Callisto II (XII secolo); i matronei furono chiusi e il portico ricostruito. Più volte guasta da rifacimenti, fu restaurata nel 1894-1899 per opera di Giovan Battista Giovenale. Il campanile (XII secolo), originariamente a sette piani di finestre, è un bell’esempio di stile romanico. Sotto il portico: a destra del portale, monumento del prelato Alfano, che curò per mandato di Callisto II (1119-1124), i restauri di quel tempo; dal lato d’ingresso, due mascelle di balena conservate come mirabilia. In fondo a sinistra il mascherone della Bocca della Verità, antico chiusino scolpito a foggia di mascherone di divinità fluviale, caro alla tradizione popolare, per la nota credenza che la bocca potesse mordere la mano di chi non era mondo da mendacio. Il portale principale, di Johannes de Venetia (XI secolo), è ornato di rozzi motivi tratti dall’antico. A fianco, iscrizione, atti di donazione. L’estremità orientale della Bocca della Verità è chiusa dal massiccio Arco di Giano o "Giano Quadrifronte", uno di quei passaggi coperti, a quattro fronti, che sorgevano nei quadrivi più importanti dei quartieri d’affari, come punti di ritrovo e riparo per i commercianti. Questo è opera della decadenza, forse del periodo costantiniano, in parte costruito con frammenti di altri monumenti, adorno di statue in nicchie e, probabilmente, di colonne. Nelle chiavi degli archi, statue di Roma e Giunone, sedute; Minerva e Cecere in piedi. Dietro l’Arco di Giano, la Chiesa di San Giorgio al Velabro, che risalirebbe al VI secolo e fu restaurata sotto Leone II e, nel 1926, dal Munoz (nel 1994 ingenti danni furono causati dall’esplosione di una bomba al porticato della chiesa ed alla facciata ora ripristinati); i pilastri angolari rimontano però al VII secolo. La chiesa sorge in via del Velabro, che ricorda il Velabrum, la palude fluviale ove Faustolo avrebbe trovato Romolo e Remo.
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