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Porta San PaoloBack
 
Si ridiscende nel piazzale Albania e si prende a sinistra il viale della Piramide Cestia e si giunge sul piazzale di Porta S. Paolo, l’antica porta Ostiense, così chiamata dalla basilica cui conduce. La parte verso la città, dal tempo di Aureliano, già a due fornici, è ornata da un edicola medievale tra 2 colonne (S. Petre ora pro nobis); la facciata esterna, del tempo di Belisario, ha un solo fornice, tra grossi torrioni cilindrici merlati. Vista dal centro del piazzale esterno (in fondo la stazione Roma-Ostia lido), con la piramide di Caio Cestio e il lungo e turrito tratto di mura Aureliane a sinistra, forma una delle più pittoresche visioni di Roma.
La Piramide di Caio Cestio, che si alza maestosa e severa al di là della Porta, già creduta la tomba di Remo, è il monumento sepolcrale di Caio Cestio (morto nel 12 a.c.), pretore, tribuno del popolo e membro del collegio dei septemviri epulones (ordinatori dei banchetti sacri).
La piramide, uno dei più caratteristici e conservati monumenti di Roma antica, ha la base di metri 30, l’altezza di 37 (l’effetto è in parte sminuito dal sopraelevamento del piano stradale odierno). E’ costruita in scaglie di tufo e malta sopra un basamento di travertino e rivestita di marmo; l’iscrizione a grandi caratteri che si legge sulla facciata prospettante la stazione, dice che fu innalzata in 330 giorni. Nella cella sepolcrale (mt. 4x6), modesti avanzi di pitture.
A 2 Km da Porta S. Paolo, già in vista della Basilica, si apre nel mezzo della via lo scavo parziale di una Necropoli pagana, notevole per il ricordo di S. Paolo, che vi sarebbe stato deposto, nella tomba di Lucina (anno 63).
Si vede un gruppo di tombe caratteristiche per le piccole dimensioni dei loculi e della stanze stesse, in gran parte pagane; le ultime anche cristiane. Subito dopo si giunge a San Paolo fuori le Mura o Basilica Ostiense che, dopo S. Pietro, è la chiesa più vasta di Roma. La sua pianta è di dimensioni quasi identiche a quella della Basilica Ulpia nel foro di Traiano della quale può dare un idea quasi perfetta. Qui Costantino trasformò la cella memoriae dell’Apostolo delle genti in Basilica, ingrandita poi da Velentino II (386) e da Teodosio, compiuta con ricchezza dal figlio Onorio (primo Imperatore d’Occidente) e ornata con il bell’arco di trionfo scintillante di mosaici da sua sorella Galla Placida. Era una bella Basilica a 5 navate, divisa da 80 colonne, la più gran chiesa della cristianità prima del moderno S. Pietro: l’alto arco trionfale, il transetto e l’abside semicircolare erano adorni di affreschi e di mosaici paleocristiani e medievali. Sisto V vi fece costruire il soffitto e Benedetto XIII un portico antistante all’ingresso, volto verso il fiume. La notte dal 15 al 16 luglio 1823 un incendio fortuito sviluppatosi dal tetto lo danneggiò gravemente. Pio VII finiva in quei giorni (morì il 20 di agosto) nel Quirinale la sua travagliata esistenza ed il Cardinal Consalvi gli tacque la triste notizia. Leone XII, con le offerte di tutti i fedeli, diede opera alla riedificazione che fu diretta dagli architetti Pasquale Belli, P. Bosio, P. Camporesi e specialmente L. Poletti. Purtroppo si demolirono molte parti dell’antica chiesa, le quali, se pur danneggiate, si sarebbero potute salvare e consolidare; perirono così molti affreschi di Pietro Cavallini. Gregorio XVI consacrò nel 1840 la navata trasversa e Pio IX tutta la Basilica nel 1854. Nel 1891 una violenta esplosione di polveri in un forte vicino distrusse la maggior parte delle vetrate a colori (dipinte da Ant. Moroni) che ornavano i finestroni, sostituite oggi da lastre di alabastro. La nuova Basilica ha press’a poco le dimensioni e la pianta della chiesa precedente. Il poco felice campanile fu dal Poletti sostituito al precedente, romanico, che fu demolito. Per il trattato del Laterano, la Basilica e l’unito monastero sono proprietà extraterritoriali della S. Sede.
Si percorre tutto il fianco sinistro della Chiesa, fino alla facciata, eretta a spese del Governo italiano, volta verso il Tevere e preceduta dal grandioso quadriportico (disegno di Giuseppe Sacconi), formato dal portico della facciata, di 10 altissime colonne monolitiche di granito rosso di Baveno, e, negli altri lati, da colonne di granito di Montorfano, in duplice fila nei fianchi, in triplice fila nel lato verso il Tevere. In tutto, le colonne, tenuto conto anche di quelle degli angoli, sono 150 escluse quelle in fabbrica e i pilastri. Lungo le gallerie del portico sono medaglioni con i simboli degli Evangelisti. Notare la testa di S. Paolo nei capitelli delle colonne di facciata. Nel mezzo del quadriportico, grande statua di S. Paolo; davanti al portico della facciata, a destra, la statua di S. Luca; sotto il portico, quelle dei Ss. Pietro e Paolo e, in alto, i ritratti dei discepoli di questo (Viligiardi). Delle tre porte della facciata, la destra è la Porta Santa. Nella parte superiore della facciata, mosaici su disegno di Filippo Agricola e Nicola Consoni: Cristo benedicente, tra i Ss. Pietro e Paolo; l’Agnus Dei sulla collina, dalla quale sorgano i 4 fiumi a dissetare il gregge cristiano tra le due città Sante; 4 profeti. Il portale mediano ha una porta di bronzo, di Antonio Maraini (1928-30), con bassorilievi. L’interno a croce egiziana, lungo 120 metri, largo 60, alto 23, con 80 colonne monolitiche di granito di Montorfano, ha 5 navate di cui campeggia nella sua maestosa ampiezza la mediana. La marmorea selva di colonne che, illuminate dal sole, si specchia sul lucido splendore del pavimento, dà l’impressione di entrare in una fantastica sala di ricevimento e di spettacolo. Il soffitto è a stucchi di delicatissimo disegno bianco e oro in stile rinascimentale; nel mezzo, lo stemma di Pio IX. Alle pareti, in alto, tra le grandi finestre, quadri moderni con la vita di S. Paolo, opera di P. Gagliardi, Francesco Podesti, Guglielmo De Sanctis, Nicola Consoni, C. Gavardini, Francesco Coghetti, Filippo Balbi, Cesare Mariani, Vincenzo Morani, Giuseppe Sereni, Casimiro De Rossi, G. B. Pianelli, ecc; sotto, un fregio coi ritratti in mosaico dei 264 Papi, da Pietro a Giovanni Paolo I, che gira lungo tutta la chiesa e nelle navate laterali (gli ultimi sono nella navata intermedia destra: Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I). Pregevoli, per il legno e per il lavoro i confessionali delle pareti esterne sulle quali, entro nicchie, sono le statue degli Apostoli. Ai lati della porta mediana 4 grandi colonne di alabastro, donate dal Vicerè d’Egitto a Gregorio XVI. L’Abside è dominata dal grande mosaico per il quale Onorio III chiese al Doge Pietro Ziani gli artisti della Serenissima (c. 1220); al centro, la colossale figura di Gesù benedicente alla greca (ai suoi piedi, piccolissimo, Onorio III), tra i Ss. Pietro e Andrea a destra e i Ss. Paolo e Luca a sinistra, e grandi palmizi; al disotto, la croce gemmata, sull’altare bizantino, coi simboli della passione, due angeli e gli Apostoli (separati da palme), che cantano il Gloria in excelsis; nel pennacchio sinistro, fuori dell’arco dell’Abside, la Madonna col Bambino; nel destro S. Giovanni Evangelista che benedice Giovanni XXII. Le pareti dell’Abside sono coperte da lastre marmoree, coi nomi dei 185 Cardinali e Vescovi che assistettero Pio IX nel giorno della Consacrazione; nel mezzo, tra 4 grandi colonne scanalate, la sedia papale col bassorilievo dorato, di Cristo che dà le chiavi a S. Pietro, di P. Tenerani; nella lunetta, S. Paolo rapito al terzo cielo, di Vincenzo Camuccini.
A destra è la sagrestia e una porta dalla quale si accede al chiostro, più piccolo ma più ricco e meglio conservato di quello di S. Giovanni in Laterano. Fu cominciato sotto l’Abate Pietro di Capua (1193-1208) e compiuto prima del 1214; almeno in parte è opera di un certo Pietro, che si crede sia Vassalletto. Le colonne binate, lisce, ottagone, a spirale, luminose di mosaici, accompagnate tra le basi da mostriciattoli sfingiformi, sostengono gli archetti a pieno centro sui quali corre il fregio, piccolo poema di simboli e di fede. Si entri nel giardino e si legga l’iscrizione metrica, che ci insegna che cos’è un chiostro e qual fu la storia di questo; poi si percorra il lato privo di iscrizione verso il giardino e quello sotto il portico di ingresso, tutto ornato di quadretti fantastici; le colombe che beccano l’uva, il lupo incappucciato che da un gran libro dottorale ammaestra una capretta, ecc. Il chiostro è pieno di frammenti, talune dei qual importanti per lo studioso; nel portico di ingresso, la statua di Bonifacio IX e al di sopra del passaggio nel giardino il nome dell’autore del chiostro (magister Petrus). Nell’angolo trasversalmente opposto all’ingresso il sarcofago di Pietro di Leone che, per rivolta contro Alberico, nelle feroci lotte del Mille tra cittadini, papi e imperatori fu impiccato al collo del cavallo di Marco Aurelio. Nel sarcofago si vedono Apollo e le Muse; nel fianco sinistro Apollo che scortica Marsia; nel fianco destro Apollo col Pilos. Poi un frammento di sarcofago cristiano con Cristo tra gli Apostoli che porge un rotolo spiegato a S. Pietro. Nel portico destro curioso ricordo epigrafico del suicidio di Nerone che si disse trovato nella villa del suo liberto Faonte, ove la tragedia si compì, mentre è una falsificazione del secolo XVII.