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Santa Rita del FontanaBack
 
Fu anticamente chiamata S. Biagio de Mercato o de Mercatello, a motivo della piazza del mercato che da essa si estendeva fino al Campidoglio. Fu detta anche S. Biagio alle scale di Ara Coeli.
La lettura errata dell’epitaffio di Antonio de Bochabellis, conservato nella chiesa fece affermare al Nibby che il sacro edificio esisteva già nel 1004, mentre nell’epitaffio è scritto 1406. La chiesa è anche menzionata nei "Libri anniversarium" e in altri cataloghi dei secoli XV e XVI. Fu filiale della basilica di San Marco. Nel 1655 sotto Alessandro VII (Fabio Chigi, 1655-1667), Mons. Giuseppe Cruciani la ottenne per Arciconfraternita della santa Spina della Corona di N.S. Gesù Cristo, eretta canonicamente nel 1658, per i suoi cittadini di Cascia, che la fecero ricostruire e la dedicarono a Santa Rita.
Questo raro esemplare di architettura prospettica di transizione che, come ebbe a dire il G. Giovannoni al tempo in cui si temeva la demolizione - è una mirabile unione del forte motivo della zona inferiore della facciata (profilo mosso ed elegante, saldo e pieno di stile; motivi d’angolo felicissimi: i motivi dello stemma chigiano sporgenti dalla nicchia) con quello mosso e vivo dell’ottagono sovrastante come una cupola, quasi interpretazione secentesca di un pensiero architettonico romano; meno felice l’interno, in stucco, affrettatamente ideato e forse mai terminato - venne fatto edificare, come abbiamo visto, dai cittadini di Cascia emigrati a Roma, in onore della loro santa concittadina, dal migliore architetto del tempo: Carlo Fontana pronipote di quel Domenico Fontana architetto di Sisto V.. Con a fianco una serena rettoria di luminoso equilibrio, la chiesuola venne situata ai piedi del Campidoglio, più esattamente a fianco della scalinata dell’Ara Coeli.
Nel 1935 al fine di completare l’isolamento del Vittoriano essa venne demolita; ma la viva reazione dell’Ordine degli Architetti fece si che - numerate le pietre durante la demolizione - venisse fatta ricostruire del Governatore di Roma a pochi passi, fra il Teatro Marcello e l’imbocco di Piazza Campitelli, proprio nel luogo ove sorgeva nell’antichità il Tempio di Bellona, la divinità femminile della guerra; fu però ricostruita la sola chiesa rimandandosi ad altri tempi la ricostruzione della rettoria. Se non che non essendo il complesso - solo strutturalmente ricostruito - funzionante, le competenti autorità religiose non ne autorizzarono l’officiatura. Ed allora le devota chiesuola meta e vanto degli alacri figli di Cascia domiciliati nell’Urbe, e dei devoti di S. Rita, venne adibita a museo, collocandovisi entro il plastico dell’antica Roma.
Ma dopo la seconda guerra mondiale, essendo stato più convenientemente sistemato all’EUR quel plastico, la chiesuola venne affidata all’Opera Don Orione col grave onere però di renderla non solo funzionante ma di curarne pure le riparazioni ordinarie e straordinarie. Uomini di gran nome e persone comuni al di qua ed al di là dell’oceano contribuirono con le loro offerte, una lapide recita:
D.O.M.
A questo sacello capolavoro di Carlo Fontana, rapidamente qui trasferito nel 1937 dai piedi di Aracoeli e poi periclitante per irruzione di acque, dettero mano a salvezza, col Ministero Interni Fondo Culto, John Fitzgerald Kennedy, John A. Volpe, John Riccardi, Vincent Barletta, Procopio Familiers, Fileno di Gregorio, Alfredo Bonsignore, Umberto Spada, Giovani Lavoratori della Casa di Don Orione in Firenze, mani oranti e operose di Sacerdoti.
NATALE 1963

Nota
Carlo Fontana (Brusata - Canton Ticino 1634 - Roma 1714), pronipote di Domenico Fontana architetto di Sisto V. A Carlo Fontana si debbono: una delle due fontane - quella di sinistra guardando la chiesa - di Piazza S. Pietro in Roma, la Cappella Cybo (Santa Maria del Popolo), la biblioteca del convento della Minerva, i palazzi Bolognetti e Grimani, la facciata della chiesa di San Marcello. Fu anche autore del trattato delle acque correnti (1694) e di uno studio su "L’anfiteatro Flavio": studio in cui, fra l’altro, propose di costruire una chiesa nel Colosseo. Il Fontana allievo e collaboratore del Bernini in Roma, fondendo l’esperienza del suo maestro con quella del Borromini segnò il punto di partenza della maggior parte dell’architettura settecentesca in Roma.