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Ponte NomentanoBack
 
Il ponte Nomentano, più volte ritratto dal Quattrocento, è uno dei monumenti più scenografici della Campagna Romana. Fu eretto nel punto in cui la Via Nomentana superava il fiume Aniene ai piedi della collina del Monte Sacro, probabilmente nel luogo attraversato, sin dall’epoca più antica, dal passaggio delle mandrie transumanti verso il mare. Sulla chiave di volta dell’arco, infatti, si sono ben conservate, sul lato a monte, una dava e una testa bovina (sul lato a valle compare soltanto la dava), ambedue simboli di Ercole, nume tutelare degli armenti e della transumanza. Sotto la sua protezione, infatti, erano anche altre località di passo fluviale: presso il Tevere (Foro Boario) e presso l’Aniene (Tivoli e luoghi di culto lungo la via Tiburtina). Le strutture del ponte abbracciano un periodo che va dall’età romana al Rinascimento, con numerosi interventi di epoca medievale e moderna, le cui fasi edilizie non sono state mai del tutto chiarite nonostante le numerose descrizioni che se ne sono fatte. Studi recenti hanno cercato di ricostruire l’aspetto architettonico originario, del quale non si hanno informazioni neanche attraverso le fonti storiche romane. Il ponte viene citato per la prima volta, peraltro in modo indiretto, da Procopio il quale, narrando le vicende della guerra greco-gotica, ricorda che tutti i ponti sull’Aniene (Mammolo, Salario e Nornentano) vennero abbattuti da Totila nel 549. Successivamente Narsete, il comandante inviato da Giustiniano in Italia e vincitore della guerra, provvide a restaurare tutti i ponti distrutti da Totila tra Roma e l’Umbria. Non vi sono elementi sicuri per la ricostruzione del ponte Nomentano, benché tutte le descrizioni, a partire dal Seicento, abbiano sempre attribuito a Narsete l’arco in travertino attualmente ancora conservato (la certezza della ricostruzione nel 565 d.C. si ha solo per il Ponte Salario in base a due iscrizioni che erano poste sui parapetti del ponte stesso). I tre ponti sull’Aniene vennero ancora gravemente danneggiati nel 1849, quando i Francesi, sotto la minaccia delle truppe garibaldine, che da Monterotondo marciavano su Roma, li abbatterono in parte. Il ponte, così come si presenta oggi, mostra un grande arco di travertino sormontato da una fortificazione menata: in alcune vedute dei secoli scorsi appare con due archetti di rampa laterali, uno dalla parte di Roma e uno sul versante opposto; attualmente ne sono conservati due, posti l’uno sul lato a monte e l’uno sul lato a valle. Secondo alcuni studiosi il ponte antico aveva tre archi di scavalcamento del fiume, uno centrale, più ampio, e due minori laterali; secondo altri, come sostegno delle rampe, aveva cinque archi (uno centrale e quattro per parte) di dimensioni sempre minori, così come appare in una ricostruzione del Quattrocento attribuita a Fra’ Giocondo. Studi recenti hanno permesso di accertare che il ponte scavalcava l’Aniene con una duplice arcata: attualmente si conserverebbe solo quella che originariamente era sul versante del Monte Sacro. L’arco conservato, di mt. 15,1 di luce, presenta le fronti in conci di travertino e il sottarco in blocchi di pietra gabina. Le pile ai lati dell’arco, di m 8 di lunghezza, conservano solo parzialmente le parti antiche romane, poi sormontate da murature laterizie medievali: nel pilone verso Monte Sacro è visibile la struttura originale in blocchi parallelepipedi di tufo rosso litoide. Il pilone sul versante romano, nel lato a valle, mostra i resti di un piedritto in opera quadrata di travertino (50-60 cm di altezza), inglobato nella muratura laterizia medievale. Esso è da attribuirsi allo stipite di una finestra di piena, posta al centro dei due archi originari ipotizzati, simile a quella che appare ancora oggi nel ponte Fabricio. Su questo lato, sopra l’arco in travertino sino all’imposta del parapetto e sulle testate laterali, la facciata del ponte presenta una muratura costituita da laterizi di spoglio allettati con cura, che, da confronti con strutture coeve, è stata datata al VI secolo e che è probabilmente da attribuirsi al restauro di Narsete. La distruzione eseguita da Totila, ricordata da Procopio, è forse da riconoscersi nella demolizione dell’arco ora perduto del versante romano, sostituito dal rifacimento in laterizio di Narsete con una spalla di attacco alla riva. L’antico ponte romano aveva probabilmente un aspetto simile a quello del Ponte Fabricio con due archi di m 15,1 di luce ciascuno, separati da una pila centrale di m 6, con una finestra di piena di m 3. Ai lati erano forse altri due piccoli archi, destinati al flusso delle acque durante le piene e al traffico di alaggio. Gli archetti laterali attuali presentano rispettivamente una luce di m 3 e di m 3,3: la muratura in opera cementizia è costituita da materiale di spoglio (marmo, laterizio, selce e opera quadrata di tufo) e le ghiere degli archi, in facciata, sono in laterizio antico frammentato. Nell’intradosso dell’arco, costituito da scapoli di tufo e di selce, è visibile l’impronta di canne che probabilmente rivestivano la centina in legno installata per la costruzione dell’archetto stesso. La tecnica costruttiva degli archetti, con il riuso massiccio dell’opera quadrata e del laterizio, quest’ultimo allettato a piani di posa ondeggianti, ha fatto ipotizzare che la costruzione degli archetti laterali sia da riferire all’VIlI secolo, ossia ai lavori di fortificazione del ponte, comunemente attribuiti a papa Adriano I. La struttura merlata a castello è, invece, riferita ai lavori fatti eseguire da Nicolò V (1447-1455): si conserva lo stemma del papa sulla fronte di accesso sul versante romano. Sono attestati, inoltre, altri interventi nel 1461, nel 1470 e nel 1474. Originariamente le porte di accesso erano protette da due torri merlate (destinate ad ospitare i corpi di guardia): attualmente si conserva solo quella del versante romano, l’altra appare ribassata e sostituita da un tetto forse da attribuirsi all’inizio del Settecento. Nel XV secolo, furono probabilmente aggiunti due piccoli avancorpi merlati come protezione delle testate del ponte nel punto dove si attaccavano gli archetti minori di rampa. Sul lato a monte del versante di Monte Sacro venne aggiunto, forse nel Cinquecento, un gabbiotto pensile destinato a latrina (ricostruita verso la metà dell’Ottocento). La datazione del ponte, basata sul tipo di tecnica costruttiva delle strutture superstiti, è stata ipotizzata all’inizio del I secolo a.C., ma non si può escludere un rialzamento alla fine del lI secolo a.C.