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Ostia AnticaBack
 
OSTIA trae il nome da Ostium = bocca del fiume, foce del Tevere, che un tempo lambiva la città, prima di buttarsi nell’allora assai più vicino Tirreno; ma nel 1575 una inondazione spostò il corso del fiume che fa ora un’ansa incurvata a N (rimane traccia dell’antico letto detto Fiume morto). Gli scavi della città antica che la leggenda fa risalire a re Anco Marzio, hanno rivelato una cittadella fortificata, con solide mura a blocchi di tufo, che risale alla 2° metà del IV sec. a. C. (388 c.) e che fu porto militare e commerciale di grande importanza. Presa e saccheggiata da Mario, fu restaurata da Silla, che la dotò di una cinta di mura di c. 2500 m di circuito. La città imperiale si allargò ancora oltre questi limiti, perché il porto costruito da Claudio sulla d. del Tevere e ampliato da Traiano, accrebbe i commerci ostiensi con tutto l’Occidente latino. Ostia fu quindi il centro di smistamento del vettovagliamento di Roma, reso sempre più splendido e monumentale dagli imperatori e dai cittadini più ricchi. Da Costantino incominciò la rovina, che fu però abbastanza lenta fino a che l’immiserirsi della stessa Roma e le incursioni barbariche non ne accelerarono il corso. Lo spopolamento e l’incuria produssero il crollo totale degli edifici, tanto che di una città di c. 100.000 ab. e 100 ettari di superficie, non rimasero che imponenti rovine, e anche queste destinate a scomparire per l’interramento, in una zona divenuta ormai malarica. Ov’è ora la borgata moderna, Gregorio IV (827-44) costruì Gregoriopoli, alla quale Martino V (1417-31) aggiunse una torre cilindrica a difesa del Tevere vicino, primo nucleo del castello sorto contro le incursioni barbaresche. Ma la ripresa fu effimera e il luogo andò sempre più spopolandosi, mentre si venne creando un nuovo centro lungo il lido, spostatosi in avanti per l’insabbiamento della costa. Gli scavi regolari di Ostia Antica incominciano al principio del XIX sec., quando Pio VII ne affidò la direzione al Fea. Sotto Pio IX, nel 1855, Pietro Ercole e Carlo Ludovico Visconti ripresero con lena le ricerche archeologiche, continuate, con particolare riguardo allo studio topografico, dal Lanciani e da altri. Scavi continuativi, con metodo rigorosamente scientifico, furono iniziati nel 1909 dal Vaglieri e proseguiti dal Paribeni e dal Calza; sotto quest’ultimo sono stati ottenuti i maggiori risultati, che hanno permesso di ricostituire l’originale divisione in Regiones e Insulae. Al di là dell’ingresso agli scavi, si va a sinistra, e si prende la via delle Tombe, che corre tra due file di tombe di vario genere, a inumazione e a incenerazione, alcune isolate, altre a colombari. La via delle Tombe entrava in città da una porta aperta in epoca più tarda, di cui restano avanzi con parte della linea delle mura che si può seguire verso N (via di Ermogene, così detta da una tomba a d.). Si giunge così alla più antica Porta Romana, d’età repubblicana, dalla quale incomincia il Decumanus maximus, continuazione della via Ostiense. E’ la strada principale, che attraversa la città da NE a SO (c. 1200 m, di cui 800 In linea retta). A N di essa sono i più cospicui edifici pubblici. Vicino alla porta sta una base di statua dedicata alla salute dell’imperatore (forse Domiziano) da un Acilio Glabrione, patrono della colonia. Dopo la porta, un piazzale, nel mezzo del quale è la statua di Minerva Vittoria, rinvenuta nel 1910; forse pilastro di porta monumentale del tempo di Domiziano. La figura, grandiosa creazione decorativa romana, è ispirata a un modello greco del IV sec., attribuibile a Scopa. Gli avanzi di un edificio repubblicano a d. sono forse grandi magazzini. Il cippo col nome di C. Caninius è la più antica iscrizione finora venuta in luce in Ostia, forse del tempo dei Gracchi. Più avanti, a sinistra, la via del Sabazeo, denominata da un piccolo santuario di Giove Sabazio, divinità orientale. Di fronte a questa via sono le Terme, precedute da un vasto porticato a doppio ordine, sul Decumano. Salendo i 23 gradini di una scaletta si può ammirare da una terrazza l’insieme dell’edificio coi suoi mosaici (coperti l’inverno), rappresentanti Nettuno e Anfitrite col loro corteo nuziale. Alle Terme è annessa la palestra, vasto spazio rettangolare intorno al quale sussistono ancora in parte le colonne: sotto il pavimento della palestra è una grande cisterna. Lungo il lato orientale della palestra (a destra), è un corridoio con le bocche dei forni per il riscaldamento delle terme. Scesa la scala si volta a sinistra e al 6° pilastro ancora a sinistra entrando nelle Terme per la via dei Vigili, strada aperta posteriormente attraverso edifici preesistenti, cui apparteneva il mosaico coi simboli dei quattro venti delle quattro province commerciali: Sicilia (Trinacria), Egitto (Coccodrillo), Africa (con la proboscide dell’elefante) e Spagna (coronata d’ulivo), visibile in un piccolo ambiente a sinistra. La caserma dei Vigili è dietro le Terme, separata da queste dalla via della Palestra. La caserma, che era a due piani, ha nel mezzo un ampio cortile sul quale, di fronte, si apre l’antico tablinum, trasformato poi in Caesareum (luogo di culto degli imperatori), ornato di colonne di portasanta e d’un pavimento a mosaico con scene di sacrificio. In fondo, una serie di basi per statue d’Imperatori. Al principio. a sinistra, latrina con ara della Fortuna. Uscendo dalla porta sud della caserma, a destra, per via della Palestra, si va sulla via della Fontana, che corre da N a S e sbocca in una taberna, l’osteria di Fortunato, sul Decumano. Il pavimento a mosaico ha disegnata una tazza con l’iscrizione: (dicit) Fortunatus: (vinum cr)atera quod sitis bibe (Fortunato dice: bevi dalla tazza quanto hai sete). Sul lato O della via si alternano botteghe, scale che salivano ai piani superiori delle case, e appartamenti, tra i quali uno con buone pitture parietali del II sec., nello stile pompeiano un po’ modificato. Nell’angolo NO delle Terme è la fontana. Parallela alla via della Fontana la via delle Corporazioni, cioè un altro dei cardines della pianta stradale. Le due strade sono collegate dalla via della Fullonica o Lavanderia, che si trova a N anch’essa, fiancheggiata da case. Ritornando sul Decumano, si vede la curva esterna, porticata, del teatro nella quale si aprono le taberne. In tre di queste sono stati ordinati dei frammenti marmorei decorativi e, innanzi a esse, enormi frammenti di cortina laterizia del prospetto esterno deI teatro. Un edificio posteriore, all’angolo SE è probabilmente l’oratorio dei Martiri Ostiensi (S. Ciriaco vescovo e compagni). Consta di un’abside e di un’area racchiusa da colonnati, retrostante forse il locus martyrii: una lapide moderna riporta il brano del libro IX delle Confessioni nel quale S. Agostino parla della morte di sua madre, avvenuta in Ostia il 4 maggio 387. Di fronte, sul Decumano, gli Horrea di Hortensius con colonnato in tufo nel vasto cortile interno; accanto, altri due granai. Dal Decumano due scale di travertino salgono al punto più alto del teatro, costruito da Agrippa, restaurato da Settimio Severo e da Caracalla, come afferma l’antica iscrizione rialzata sull’ambulacro orientale. E’ a pianta semicircolare e di tipo romano: però, a differenza della più frequente disposizione a ridosso di una collina, si eleva tutto dal terreno pianeggiante e il muro di fondo della scena é formato da un muraglione di tufo. Abbastanza ben conservato è il proscenio a nicchie decorate di marmi; i primi due ordini di gradinate sono stati ricostruiti, su antiche tracce, per dare spettacoli classici. Dietro la scena è l’ampio piazzale delle Corporazioni, nel cui centro si eleva il tempio detto di Cerere, edificio in antis di m 25x11. Il piazzale era circondato da un quadriportico a colonne, sotto il quale erano 70 uffici di rappresentanze commerciali di tutto il mondo romano, scholae o sedi delle Corporazioni. Il portico è pavimentato con mosaici figurati e inscritti, vere insegne di uffici; sono negozianti di stoppa e corde, conciapelli, barcaiuoli e marinai di bastimenti da trasporto, misuratori di grano, di Roma, di Ostia, di Cartagine, di Sabratha, di Narbona, di Cagliari, di Alessandria, ecc. Presso il tempio, basi di statue onorarie dedicate dalle corporazioni. A fianco del teatro, verso O, è la bella casa privata detta di Apuleio, di tipo pompeiano. Vicino è un Mitreo, nelle solite forme dei Mitrei della capitale. E’ uno dei meglio conservati tra i 14 santuari di Ostia, trovati finora, dedicati a quel dio solare, i cui fedeli seguivano un rituale orientale. All’ingresso si vede ancora il buco nel pavimento destinato a raccogliere il sangue delle vittime nelle cerimonie d’iniziazione. Sulle pareti, gli emblemi dei diversi gradi di iniziati, i due geni lampadofori (sole nascente e sole calante), i simboli dei pianeti, i segni dello zodiaco. Di fronte, dall’altra parte della via, sono, sopra un unico podio, quattro tempietti, tetrastili, del II sec. a. C., che si crede siano quelli dedicati a Venere, a Cerere, alla Fortuna e alla Speranza. Essi si aprono sopra una piazza, in cui sono un ninfeo e un tempietto dedicato a Giove Ottimo Massimo. In una solida costruzione di tufo lungo un’altra traversa del Decumano (via dei grandi Horrea) furono rinvenuti depositi di oggetti preziosi. Proseguendo, a d. si stacca la via dei Molini, così detta per un edificio di macinazione del grano e di impastatura del pane. In questo edificio è anche un piccolo santuario privato, dedicato a Silvano (con effige dipinta). Da questa strada si accede a un grandioso complesso di magazzini per derrate alimentari (grandi Horrea), composto di 64 grandi celle e avente la fronte principale verso il Tevere. Nell’interno, un cortile con portici a colonne di tufo e capitelli dì travertino. Sulla via dei Molini sbocca la via di Diana, con caseggiati elevati fino al 2° piano. La casa detta di Diana conserva un balcone in aggetto sulla facciata, di tipo prima sconosciuto al mondo romano. Di fronte alla casa è la piazzetta dei Lari; nel centro, una bella area marmorea con un rilievo di epoca augustea rappresentante Lari e Fauni danzanti intorno a Ercole. Sulla piazza si vedono gli avanzi delle mura del castrum primitivo a blocchi di tufo, dello stesso materiale e struttura della cinta Serviana. Proseguendo per la via di Diana, si vede un’altra casetta con balconi sorretti da mensole di travertino, interessante motivo architettonico ripreso in età medioevale. Una delle botteghe è un thermopolium, una specie di bar con bancone di marmo, due vaschette e ripiani marmorei per le stoviglie: un dipinto rappresenta frutta e cibi vari che qui si vendevano. Due sedili erano sulla strada. Dietro è un edificio, supposta basilica consacrata poi probabilmente al culto cristiano. Di fronte, la casa detta dei dipinti, che conserva le stanze a volta del primo piano con ampie finestre; vi porta una scala di travertino. L’ingresso alla casa è sulla via a d. e conduce a un appartamento con vestibolo, cortile e grande tablino ornato da dipinti con scene di vario soggetto. Ottimamente conservati i mosaici dei pavimenti. Il rimanente del caseggiato dei dipinti si affaccia sopra un’area tenuta a giardino, in cui e un’edicola con la statua di Giove. Assai interessante è questo tipo di casa che ci mostra come durante l’Impero si sia passati dalle case signorili a quelle per abitazione di più famiglie, le odierne case con appartamenti. Più innanzi si vedono incassati in terra dolii per derrate, in un magazzino privato, al di là del quale si eleva il vecchio Casone del sale, edificio costruito nel 1500 con materiale antico; la facciata neoclassica è del 1868. Ritornando sul Decumano lungo il Cardine Massimo, ampia strada fiancheggiata da un doppio portico a pilastri, che traversa la città in direzione N-S, si perviene al Foro nel quale si erge, sopra un alto podio accessibile per una gradinata coperta di lastre di marmo e ai cui piedi sta un’ara marmorea, il grandioso edificio noto sotto il nome di tempio di Vulcano, divinità principale venerata a Ostia, ma invece Capitolium o tempio della triade Capitolina, che esisteva in quasi tutte le colonie romane. Il tempio era prostilo, con colonne scanalate e di marmo lunense. In fondo è il podio per le statue del culto; attorno, nicchie. Le pareti erano rivestite di marmi colorati. Risale forse ad Adriano o agli Antonimi. Di fronte al Capitolium sono i ruderi del tempio di Roma e Augusto (fine del I sec, dell’Impero), costruito quasi tutto di pietra. Era prostilo corinzio, su alto stilobate, con 6 colonne di fronte e 2 nei lati, di marmo lunense. Due scale nei fianchi conducono al pronao di m 13.10 x 7.60; la cella era profonda 11 m. Restano di esso solo le celle di muratura sotto l’antico podio. Negli scavi si è trovato quasi intero il frontone posteriore e il capitello del pilastro dell’angolo orientale. I loro frammenti congiunti insieme e rialzati sopra un muro moderno, danno un’idea della magnificenza dell’edificio. Si sono trovate anche varie sculture pertinenti al tempio: particolarmente notevole la statua di culto, una Roma dominatrice, tipo di Amazzone ammantata che poggia il piede sopra il mondo (rialzata in fondo al tempio). Inoltre, avanzi di una bella fascia marmorea, che ornava la cella. Nel lato O del Foro è la basilica, la cui grandiosità è attestata dalla pianta e l’eleganza dai frammenti marmorei delle arcate, ornate da lesene scanalate sorreggenti capitelli corinzi; tra i capitelli, un fregio di putti con festoni carichi di frutta rivela l’arte dell’epoca antoniniana. La basilica era un’aula rettangolare pavimentata a marmi colorati, circondata da un portico a colonne. Agli angoli erano 4 pilastri; altri pilastri con archi formavano il prospetto esterno. Sul lato E del Foro opposto alla basilica sono le grandi Terme del Foro, costruite nel II sec., ampliate e in parte rifatte nel IV. Nel lato N (verso il Decumano) sono le sale non riscaldate, cioè il Frigidarium con una grande sala nel centro terminata da due vasche. Delle 16 colonne di cipollino che le decoravano, molte sono state rialzate e tra esse quella a lato della vasca, con magnifico capitello e trabeazione di marmo bianco. Si passa nelle 4 sale riscaldate, di varia forma: la terza, rettangolare, ha una trifora con pilastrini e capitelli ornati da delfini (le iscrizioni onorarie appese alle pareti erano state usate per la pavimentazione); nell’ultima sono le vasche per il bagno caldo. Di fronte alla basilica, nel Decumano e a O del Capitolium, è la Curia, sala di riunione del consiglio municipale ostiense, con un podio nel fondo. Accanto alla Curia è la casa del Larario, all’angolo di due strade, cosicché il cortile interno serviva di pubblico passaggio, con negozi (come nei bazar orientali) e, al centro, una vaschetta di fontana. Di fronte è il tempio Rotondo, forse un Augusteum, cioè un monumento dedicato al culto degli imperatori, del principio del sec. III. Consta di una grande cella circolare scoperta, decorata da 7 edicole con podio e colonnine di marmo in ciascun lato. L’edificio che era preceduto da una grande scalinata marmorea, doveva essere coperto da cupola alla quale si accedeva per una scaletta a chiocciola ricavata attorno ad un pilastro e tuttora esistente. Riprendendo il Decumano, si perviene alla Porta occidentale del Castrum, della quale si vedono soltanto i fianchi di blocchi di tufo. Al di là della porta il Decumano, che in questo tratto si mostra al livello più basso della città repubblicana, piega a sinistra per giungere alla Porta Marina. Fuori porta, diverge a destra la via degli Horrea Epagathiana, così detta dall’interessante magazzino privato che ci mostra il suo bel portale con iscrizione marmorea e, nell’interno, un cortile a mosaico circondato da portici anche al piano superiore. Vi si osserva una parte della cinta murale del Castrum, di blocchi di tufo, usata come parete di un androne. Quasi di fronte alla porta occidentale del Castrum, si spinge verso O l’ampia via della Foce, su cui si apre a destra un’area sacra, con tre templi repubblicani: quello centrale, con podio in tufo e ara iscritta, era dedicato a Ercole. A N. del tempio è la ricca domus di Amore e Psiche, del IV sec.. con belle colonne. ninfeo e pavimenti di marmi policromi. Più avanti su via della Foce si trovano, a destra, le Terme del Mitra, con un mitreo sotterraneo e interessanti impianti per acqua e riscaldamento. Sulla sinistra della via è l’insula del Serapide con cortile a Pilastri slanciati, conservata anche nel primo piano (ampia e bella veduta). Accanto all’insula del Serapide sono le cosiddette Terme dei Sette Sapienti, con grande sala rotonda a cupola e magnifico pavimento a mosaico (scene di caccia). Un ambiente a nicchia è ornato da un mosaico floreale. In un’altra stanza, sulle pareti, la figurazione di quattro dei sette sapienti della Grecia (donde il nome delle Terme) e iscrizioni riferentisi al buon andamento delle funzioni corporali (satira contro la gravità dei filosofi). Altri dipinti pregevolissimi (Venere Anadiomene e pesci) decorano una vasca da bagno. Dalle Terme si passa nella adiacente insula degli Aurighi, con ampio cortile porticato e ambiente con affreschi; una scala a d. sale al 2° piano praticabile. Nel corridoio a sinistra è un Mitreo a tre navate. Si sbocca nel Cardine degli .Aurighi, con colonne in travertino e botteghe. Andando verso S si nota a sinistra un portale laterizio di Horrea; a d. la via delle volte dipinte. In questa via si apre la casa dalle volte dipinte, tipica abitazione borghese del II sec. E’ ben conservata in tutto il pianterreno, con affreschi parietali e mosaici. Di fronte l’insula delle Muse, con cortile porticato e varie stanze affrescate, con pavimenti in mosaico: fa parte di un vastissimo quadrilatero di Case a giardino, del II ec., con due blocchi di appartamenti attraverso l’area interna. Adiacente a questa delle muse è l’insula DALLE PARETI GIALLE. Più oltre la Domus dei Dioscuri, con bei mosaici policromi e la Domus del Ninfeo, con pavimenti dl marmi colorati e ampie trifore, ambedue del IV secolo. Si ritrova il Decumano Massimo e, seguendolo verso 5 si giunge alla Porta Marina. Fuori della porta, sepolcri repubblicant, fra cui quello di Cartilio Poplicola con iscrizioni e fregio di navi. A sinistra, un’ampia piazza; all’angolo, il santuario della Bona Dea; a d., la domus fulminata, con triclini all’aperto e mosaici. Si risale il Decumano Massimo, fiancheggiato a S da un lungo portico con fontana marmorea. Sempre a destra, la schola del Traiano, sede di corporazione (così detta da una statua dell’imperatore ivi rinvenuta), con una domus a peristilio dentro il cortile, restaurata; seguono le Terme dalle sei colonne. Di fronte un deposito di colonne a capitelli dentro il cortile di un tempio. Accanto è la Basilica cristiana, con due navate e battistero; l’architrave iscritto nomina i 4 fiumi del paradiso terrestre. Sul Decumano si apre a S il vico del Dioniso, che porta a vari appartamenti su un cortile e al Mitreo delle Sette porte, con mosaici figurati dl soggetto mitriaco. Più a E sul decumano è il Macellum, con botteghe di pescivendoli sotto il portico. Si è così ritornati alla porta occidentale del Castrum. Si gira a d. per via del Tempio Rotondo (su cui si apre una casa con cortile), e si sbocca sul cardine Massimo, che proviene a sinistra dal Foro e prosegue verso d. (S), con andamento obliquo, raggiungendo la Porta Laurentina. Sulla d. le case repubblicane ad atrio di Giove Fulminatore e della nicchia a mosaico; poi, il grazioso Ninfeo degli Eroti, tutto rivestito di marmo, con tre nicchie, del IV sec. Adiacente è la bella domus delle Colonne, con cortile e ninfeo centrale, tablino con impianto di riscaldamento e pavimento di marmi policromi, pure del IV secolo. A d. si stacca la via della Caupona del Pavone, ove si apre sul lato S l’Osteria del Pavone (sala interna affrescata con banco di mescita; altri ambienti con pitture e mosaici). Di fronte, sul lato N della via, la domus dei pesci, con cortile, bella sala con mosaico e vestibolo adorno di un mosaico raffigurante un calice con pesci (simbolo evidentemente cristiano), del IV secolo. Il lato O del Cardine Massimo è fiancheggiato dal lungo portico di Ercole; proseguendo si vedono a d. le Terme del Faro, con un mosaico rappresentante pesci e il faro ostiense, sala con vasca marmorea e pitture di soggetto marino. Più oltre si apre il vasto e triangolare campo della Magna Mater, interessante centro di culto di varie divinità orientali: all’angolo S-O, il tempio della Magna Mater e il sacello di Attis; all’angolo SE, la Schola dei dendrophori e il tempietto di Bellona. Si è qui giunti alla Porta Laurentina della cerchia sillana. Si prende verso N la Semita dei Cippi, con cippi iscritti: notare un bel portale marmoreo di una domus del IV secolo. Si piega nella via della Fortuna Annonaria. dove si trova a d. la domus della Fortuna Annonaria, del IV sec. (bel peristilio a colonne di travertino, sala con ingresso a triplice arcata e ninfeo interno). In fondo alla via si piega a N in via degli Augustali, che sbocca sul Decumano massimo: all’angolo sinistra, la sede del Collegio degli Augustali, addetti al culto imperiale (cortile porticato, sala absidata con rivestimenti marmorei); all’angolo opposto sul Decumano, un tempio collegiale. Prendendo il Decumano verso destra (E) si ritorna all’ingresso degli scavi.